Jean-Luc è un operaio delle ferrovie di Parigi, durante la seconda guerra mondiale la sua squadra viene gestita dai soldati tedeschi e il loro compito è quello di controllare e riparare i binari per rendere possibile la partenza dei treni diretti ai campi di prigionia. Jean-Luc odia quel lavoro, si sente impotente, si sente collaboratore del nemico e così più volte pensa di abbandonare tutto, ma quel lavoro è importante per lui, per prendersi cura di sua madre. Un giorno mentre sta per mettersi a lavoro, una donna ebrea gli affida il figlio neonato, per Jean-Luc è uno shock, ha paura di essere scoperto, ma non può lasciare quel bambino, così fugge e con l’aiuto di Charlotte va via dalla Francia per andare in America. Con Charlotte e il piccolo Sam in America, Jean-Luc, inizia una nuova vita, cercando di dimenticare il passato, ma dopo nove anni i genitori di Sam si mettono in contatto co lui è rivogliono il bambino. È qui che per Jean-Luc inizia un nuovo dolore, e sopratutto i ricordi ritornano a galla.
Una storia commovente, emozionante, dolorosa, ma anche piena d’amore, di forza e di speranza. “La lunga notte di Parigi” parla di un periodo storico dove sono state commesse atrocità, la storia mette in evidenza non solo l’orrore vissuto dagli ebrei ma anche quello vissuto dai cittadini francesi, gente che doveva sottostare alle regole, doveva guardare ciò che accadeva senza poter agire, senza potersi ribellare, perché un passo falso sarebbe stato fatale, Jean-Luc si sente impotente davanti a tutto ciò che accade, si sente collaboratore del nemico perché ogni mattina svolgendo il suo lavoro contribuisce alla deportazione degli ebrei in campo di sterminio, ma quel lavoro è importante per lui, senza quel lavoro come potrebbe mantenere lui e sua madre? E poi c’è Charlotte, una ragazza di diciotto anni che viene obbligata dai genitori a lavorare come volontaria in un ospedale nazista, perché per non avere problemi bisogna collaborare in qualche modo e sopratutto bisogna far finta di non sapere nulla di ciò che accade realmente. Ognuno cerca di sopravvivere. Tematica principale della storia però è la famiglia e l’amore di un genitore per il proprio figlio, una donna disperata che per amore del figlio appena nato decide di abbandonarlo tra le braccia di un estraneo per evitargli morte certa nei campi di sterminio, la donna è consapevole che rischia di non vederlo più, di perdere il suo unico figlio ma il suo amore è talmente forte che preferisce saperlo al sicuro lontano da lei piuttosto che con lei e incontro alla morte.
Il vero protagonista per me è stato proprio lui, il piccolo Sam, la sua storia fa riflettere, sull’atrocità della guerra che ha distrutto famiglie, il romanzo è frutto dell’immaginazione dell’autrice ma chissà quante storie simili sono accadute per davvero, la sua distruzione non termina con la sua fine ma prosegue ancora quando tutto è finito, ed è ciò che accade ai protagonisti, ciò che accade a Sam, lui si ritrova a dover affrontare una dura realtà che lo porterà a soffrire, conteso da due famiglie che non si preoccupano del suo bisogno, di ciò che lui desidera per stare bene. Sam mi ha fatto piangere, sopratutto alla fine. E sopratutto con il suo silenzio e il suo dolore Sam urla che i genitori sono coloro che crescono un bambino e non necessariamente chi lo ha partorito, e quanta verità in questo pensiero.
Un gran romanzo che vi consiglio di leggere perché oltre ad affrontare un periodo cupo della nostra storia, un periodo che tutti dovrebbero conoscere, affronta anche la tematica della famiglia, dell’amore materno e di quanto gli adulti spesso siano egoisti e prendono decisioni senza pensare al bisogno di un bambino. Una storia ricca di emozioni, con un finale che vi travolgerà e vi farà piangere. Un libro che dovete leggere assolutamente.
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